Cenni storici
Quando nel 1219 Federico II definisce i confini della contea lomellina, Villa Biscossi è nota come “Piperatorum” o “Villa Piperis”.
L’attuale nome deriva dalla famiglia degli antichi feudatari, i Biscossi, che si stanziano in paese verso la fine del XIII secolo; secondo alcuni, a valorizzare il centro abitato fu poi un certo Francesco Biscossi. Nel 1440 il duca Filippo Maria Visconti concede in feudo a Jacopo de Scrovignis le terre di Gambarana, fra cui sono compresi anche i possedimenti di Villa Biscossi, che un trentennio più tardi sarebbero passati al conte di Mede, Odoardo Ruffino Corte. Alcuni storici propendono però per l’arrivo degli Zaccaria oppure dei Sannazzaro, al posto dei Corte; di certo c’è però che nei secoli successivi subentrano i Bellingeri, gli Olevano e i Provera, che nel 1817 vendono la villa al ramo medese dei Pallestrini.
Il centro abitato deve sorgere sulle rovine di un antico castello, distrutto per consentire la realizzazione dell’augusta dimora dei Biscossi e la cui ultima torre viene rasa al suolo a metà del XVIII secolo. Visibile sul piazzale della chiesa, l’edificio è costituito da un palazzo settecentesco a due piani, che presenta una cancellata su sei piloni di buona fattura, parte della quale viene smantellata alla metà del secolo scorso per donare metallo contro le sanzioni economiche. Alcuni elementi fanno poi pensare all’intervento dell’architetto pavese Veneroni.
In questo palazzo, che prende il nome dai vari proprietari succedutisi nel corso dei secoli (Pallestrini, Provera, Casale), nel 1859 dormirono per una notte re Vittorio Emanuele II e il suo stato maggiore.
La chiesa parrocchiale, dedicata ai santi Nazzaro e Celso, è stata riedificata nel 1583 e ristrutturata a metà del XIX secolo dai Pallestrini, che abbelliscono il coro, innalzano le cappelle e dotano la sacrestia di sontuosi paramenti sacri. Altre testimonianze di arte sacra sono la chiesa dei santi Rocco e Sebastiano, eretta dopo la peste del 1600 all’ingresso del paese, e l’antica parrocchiale dedicata ai santi Gervasio e Protasio, ristrutturata nel 1906. Di un certo interesse anche la chiesa dell’Addolorata, costruita secondo la tradizione su iniziativa dei padri Serviti di Galliavola.
Un luogo di culto “mancato” è invece quello ideato dalla marchesa Giulia Olevano Provera, che nel 1803 taglia il nastro dei lavori accanto al palazzo. Con il passaggio della proprietà, però, i Pallestrini trasformano invece l’immobile in un fabbricato rurale, preferendo dedicarsi alle cure della parrocchiale.
Nel 1846, giunto in Lomellina per il Comizio agrario di Mortara, Camillo Benso conte di Cavour si incontra a palazzo Provera con Urbano Rattazzi, Giovanni Lanza e altri dirigenti delle associazioni patriottiche provenienti da Milano, Pavia e dall’Oltrepò Pavese per discutere delle imminenti azioni politico-militari contro l’Austria.